Carlo Colombo: complessità minimale
La semplicità rigorosa del dettaglio

In Italia lo apprezziamo soprattutto per quelle forme rigorose, e vagamente mistiche, che hanno fatto la fortuna, tra gli altri, di marchi come Antonio Lupi. All’estero invece lo conoscono anche per i grandi interventi che, proprio in questi ultimi anni, sta firmando con una certa costanza, principalmente in Medioriente.

Nelle poche interviste concesse ha sempre ribadito il buono stato di salute del design italiano: noi allora partiamo proprio da qui.

La storia di Matteo Thun è fatta di ricerca, quella che l’ha portato a rivalutare il colore, a creare una linea di orologi di culto ma accessibili a tutti, a passare infine a una filosofia che mette al centro il rapporto di un edificio col suo contesto. Insomma nessuna torre d’avorio in cui chiudersi, solo tanta capacità di leggere la contemporaneità.

Un paio di anni fa lei sosteneva che il panorama italiano del design e dell’architettura era uno tra i più floridi. Oggi resta della stessa idea? Ci sono altre realtà che giudica interessanti?

Riguardo al design penso che la realtà italiana sia tuttora al primo posto a livello internazionale. Il nostro design è segnato da una lunga e continua evoluzione, frutto di una ricerca costante che affonda le sue radici nelle basi del movimento moderno. Il panorama architettonico è invece forse troppo legato alla lunga storia del nostro territorio. Operare in Italia è sicuramente molto complesso tanto che oltre confine esistono mercati più floridi del nostro. Penso soprattutto a realtà in forte crescita come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e gran parte dell’Asia. Luoghi che offrono più garanzie di crescita, anche economica.

Cosa significa per lei conservare una matrice italiana in un progetto che si realizzerà all’estero? C’è qualcosa che identifica il nostro modo di progettare?

L’italianità in un progetto, sia parlando di design che di architettura, può essere a mio avviso espressa con quattro semplici concetti: storia, eleganza, ricerca ed evoluzione. La storia del design e dell’architettura in Italia ha sempre avuto elementi di spicco, apprezzati da tutto il panorama internazionale. Credo che l’essenza dell’italianità sia proprio in tutto questo: la storia come riferimento, l’eleganza come mezzo e la ricerca per l’evoluzione.

Riguardo al design penso che la realtà italiana sia tuttora al primo posto a livello internazionale. Il nostro design è segnato da una lunga e continua evoluzione, frutto di una ricerca costante che affonda le sue radici nelle basi del movimento moderno

Ha più volte ribadito che ama progettare con materiali semplici e lavorabili. Questo è ancora il suo pensiero oppure i progetti che ha seguito come designer l’hanno portata a sperimentare qualcosa di nuovo?

Il mio modo di progettare si fonda su una costante ricerca sulla forma e sui materiali. Vetro, acciaio, pietra e cemento rimangono le fondamenta dei miei progetti. Per quanto riguarda il design invece, gli studi e i progetti che ho sviluppato mi hanno portato alla conoscenza di nuovi materiali davvero molto interessanti. Penso soprattutto alle resine, alle plastiche e alle ceramiche.

I suoi progetti sono estremamente armonici ed essenziali. Per molti il filone minimal ha esaurito la sua ricchezza, lei invece continua a muoversi in questo territorio riuscendo a non ripetersi. Come fa?

Semplicità non significa ripetizione. La ricerca della semplicità è la sfida di ogni mio progetto. Per me significa partire da un’idea e studiarla fino ai minimi dettagli per spogliarla del superfluo e renderla pura, minimale appunto. Io credo che già molti grandi maestri del design italiano e del panorama europeo ci abbiano mostrato la bellezza della semplicità. L’ossessione per il dettaglio che era alla base dell’opera di Carlo Scarpa per me è un punto di partenza imprescindibile.

Tratto da rivista ceramicaecomplementi n. 6