Marcel Wanders, genio barocco
Marcel Wanders: olanda, terra di tulipani, prati verdi e designer

Marcel Wanders è considerevolmente spiazzante e anticonvenzionale. Sorride, e ad ogni intervista risponde in maniera inaspettata.

Curioso della vita e delle forme espressive dell’arte, Wanders ha passato in rassegna ogni forma espressiva e materiale cui imprimere la sua inconfondibile, spesso un po’ folle, firma floreale.

E’ dalla sua Olanda che trae l’ispirazione per il suo marchio di fabbrica, il fiore rampicante dalle linee barocche che come un’edera invade e si moltiplica su qualsiasi cosa: Wanders ama giocare e ogni suo lavoro esprime un’irriverenza bambinesca che sottolinea in ogni modo possibile.

Marcel Wanders. Così è, se vi pare.

In una sua intervista ha affermato di non leggere giornali né di possedere una tv. Come si tiene in contatto col mondo? Internet o mezzi alternativi?

In realtà le cose davvero importanti sono evidenti a tutti noi e sono palesi, perché la gente ne parla, con o senza giornali, internet e quant’altro. Viceversa troppe informazioni generano una sorta di incapacità a dare risposte soddisfacenti e si rischia di finire come assuefatti alle breakingnews.

La gente è davvero molto curiosa di sapere cosa la ispira.

Posso asserire che l’ispirazione sta dentro di me.
Per fare un esempio concreto: se mi tro­vassi bendato, solo, in una stanza al buio, sarei in grado di continuare a creare perché ogni stimolo che percepisco, ogni singola idea viene da den­tro di me.

Come mai Amsterdam si definisce “Capitale Creativa”? E’ davvero così?

Amsterdam è sempre stato un posto libero, aperto al mon­do, in cui la gente ha potuto intraprendere nuove conoscen­ze. E’ una città piccola, con molti stranieri dove ognuno di loro ha portato qualcosa della propria cultura, che amalga­mandosi alle altre ha permesso di creare uno spettacolare e inedito melting pot. Ecco perchè Amsterdam è creativa.

Desidero vivere con leggerezza. Il mio obiettivo è creare cose comuni per la vita quotidiana. Non amo disegnare oggetti legati all’idea di paura.

Data la crisi mondiale attuale, ritiene che il design abbia un senso o crede che sia avviato in un percorso stretto tra funzionalità e prezzo?

Certamente la crisi ci insegna che do­vremmo spendere meno per cose super­flue! E’ meglio comprare meno cose di poco valore, e investire di più su cose im­portanti. Non dobbiamo pensare alla crisi come a un evento totalmente negativo: ci insegna che spesso non ci servono sul serio tutte le cose che compriamo. Dob­biamo imparare a controllare l’inutile de­siderio di shopping e a non farci guidare dalla voglia di acquisto impulsivo.

Apprezziamo in modo particolare la leggerezza dei suoi lavori, anche dei più estremi. Tocco innato o risultato di tecniche particolari?

Desidero vivere con leggerezza. Il mio obiettivo è creare cose comuni per la vita quotidiana. Non amo disegnare oggetti legati all’idea di paura, anche se mi rendo conto che spesso il design come lo inten­diamo oggi è legato anche a questo. Io non progetterei mai un ca­sco per bicicletta. Aristotelicamente par­lando: casco = possible caduta = paura della caduta stessa.

Quali sono i materiali del futuro?

Personalmente mi piace puntare sull’or­ganico: direi che il cervello è sicuramente un materiale da imparare a sfruttare me­glio.

L’Eco-sostenibilità è diventato il tormentone di questa generazione. Questo argomento come influenza il suo lavoro?

In 15 anni di attività ho usato tutti i ma­teriali. Mi sono reso conto che siamo abituati a buttare via tutto prima ancora che invecchi. Le cose che creo vorrei che sembrassero sempre un po’ vecchie di quel che in realtà sono. E’ per questo che credo che invecchieranno meno rispetto alle altre. Non dobbiamo per forza essere contemporanei; si può essere anche tra­dizionalisti e tradizionali certe volte.

Tratto da rivista ceramicaecomplementi n. 12