Ruben Toledo, the bombshell designer
Ruben Toledo: un mondo di donne

A cosa pensa una persona quando si immagina il disegno di donna? Una figura di spalle, dall’incedere morbido come un felino, una presenza magnetica e sexy.

Se questa descrizione vi è familiare, allora non potrete che apprezzare i disegni di chi ha colto in pieno questa femminilità ondivaga: si tratta del designer più in vista di New York, un artista a tutto tondo che padroneggia l’arte del disegno in maniera così spontanea e travolgente che anche il MOMA ha voluto esporre le sue opere.

Guardare al mondo femminile come fa Ruben Toledo è un piacere: le sue signore sprizzano sensualità e joie de vivre. Una tenerezza ed un’indulgenza sottile raramente riscontrabile nel tratto di un uomo. Il merito pare sia tutto della moglie, sua musa e modella, e altra star del panorama mondano della Grande Mela, Isabel Toledo.

Qual è il suo rapporto con l’essenza femminile, e quanto è importante per la sua ispirazione?

Per me la femminilità è la vera essenza di creazione, fantasia, nascita e innovazione. Questa abilità femminile, di trasformare e evolvere tanto nell’apparenza quanto nella spiritualità, motiva il mondo, segna il tempo e smuove montagne con la sua forza gentile. Io mi sento un privilegiato. Sono stato benedetto perchè ho potuto incontrare, osservare e sperimentare questa potente femminilità attraverso mia moglie Isabel ed il suo lavoro.

In una vecchia intervista ho letto che secondo Isabel, voi siete “sempre a lavoro, o sempre a casa, dipende da come la si vede”. Lei cosa preferisce pensare?

Io sono sempre immerso nel mio spazio, nel mio universo. Quello spazio diventa il mio lavoro e viceversa. Per questo per noi è così importante vivere e lavorare in un ambiente che sia stimolante e piacevole. Posso dire che il merito di questo è di Isabel. Mia moglie ha sempre avuto l’abilità di trasformare gli spazi in cui viviamo in una sorta di crogiolo artistico.

La moda, secondo me, è una forma d’arte davvero speciale perchè è in grado di catturare l’ineffabile. E’ la forma del tempo, in un certo senso, ed ha libertà maggiore di dar forma e focalizzare le idee a prescindere dal mezzo o dal materiale scelto.

Una parte molto importante della sua vita ruota attorno alla moda. Qual è la definizione personalissima di “moda” di Ruben Toledo? Ha a che fare con il motto “Less business and more art”?

Tutto quello che ho imparato e che ho sperimentato nel mondo della moda lo devo soprattutto al lavoro di mia moglie. La moda, secondo me, è una forma d’arte davvero speciale perchè è in grado di catturare l’ineffabile. E’ la forma del tempo, in un certo senso, ed ha libertà maggiore di dar forma e focalizzare le idee a prescindere dal mezzo o dal materiale scelto. Questo la rende una forma d’arte molto potente, capace di parlare a persone diverse in posti diversi, pur restando aperta a qualsiasi interpretazione. Ecco perchè sono molto affezionato alla moda: comunica facilmente col pubblico. Non è elitismo, anzi, ne è l’esatto opposto. Penso che sia una forma d’arte molto democratica. In un certo senso si può anche definire “collaborativa”: tutti partecipiamo in qualche modo, perchè tutti dobbiamo vestirci con qualcosa, indipendentemente dalla nostra volontà di comunicare. L’arte, la moda, il design e tutte le attività creative si occupano di catturare una voce impossibile da registrare in altra maniera.

Quanto è importante l’ironia nel suo processo creativo?

Per me l’ironia è una seconda natura. Non dovete scordare che sono nato a Cuba, ed ho vissuto in un sistema comunista in cui tutto deve essere nascosto e camuffato per apparire in un certo modo, anche se poi è in realtà qualcosa di diverso. Sotto molti aspetti questo ha a che fare con con la dualità ed il mimetismo del gioco della moda. L’abilità di essere molte cose diverse per molte persone diverse la rende un’esperienza più ricca e duratura.

Nel suo lavoro per Ceramiche Bardelli c’è un trait d’union riconoscibilissimo e quasi metafisico. Che sensazioni intende trasmettere a qualcuno che decide di decorare la propria casa con i suoi disegni?

Aspiro a comunicare una sorta di “linguaggio segreto”, non troppo diverso dal mio personale alfabeto segreto dell’arte, che sappia parlare in maniera tranquilla, pur mantenendo una certa potenza per creare lo sfondo ideale in cui vivere. Uno sfondo sufficientemente armonico e vitale da creare un’atmosfera festosa anche quando non si è a casa.

I suoi lavori sono sempre coloratissimi. Come mai per questo lavoro ha optato il “black&white”?

Amo il bianco e nero. Tutte le forme che penso, allo stato iniziale, sono in bianco e nero. Ciò permette al mio messaggio di rimanere chiaro e puro, così come l’ho pensato. Il colore invece è una cosa molto personale, emotivo e mutevole. Quindi preferisco lavorare con qualcosa che non perda mai di senso, più solido e senza tempo. Una cosa che per me è, appunto, in bianco e nero.

Quali sono i suoi principali riferimenti nel mondo dell’Arte?

Per la maggior parte sono autodidatta. Ho incontrato Andy Warhol quando ero molto giovane, insieme ad altri artisti, come Keith Haring, Kenny Scharf, Halston e Diana Vreeland, e grazie a loro ho realizzato quanto fosse importante creare qualcosa di originale, inventarsi un proprio universo. Quando qualcuno nota somiglianze fra i miei lavori e quelli di Warhol o Fornasetti, Picasso, o chiunque altro, è certamente un complimento per me, ma non è un’osservazione molto accurata, perchè ognuno comunica cose diverse in modo diverso. Di solito mi lascio emozionare dalla musica o dai film e cerco di trasmettere queste sensazioni nei miei lavori, quando questo è possibile. L’intero intento dell’arte, secondo me, è quello di creare libertà e non confini fra le diverse forme artistiche.

Nell’ambito del design e dell’arte, cosa le piacerebbe sperimentare nel futuro?

Sono stato fortunato ad avere avuto l’opportunità di creare di tutto attraverso il mio lavoro: cartoni animati, ceramiche decorate, pitture, creazioni tessili e molto altro. Amo ogni tipo di design e un giorno spero proprio di poter ridisegnare tutta quanta New York. O almeno una parte!

Tratto da rivista ceramicaecomplementi n. 14